H come Habitat

L’habitat di un bambino si compone di due fasi molto differenti tra loro.
Quando dorme l’ambiente a lui circostante è permeato da oscurità e silenzio.
I due genitori si muovono a tentoni nella penombra evitando ninjescamente torri composte di giocattoli, boccettine e vestitini stabili come le azioni della Lehman Brothers. Possono comunicare tra loro solo a mezzo linguaggio dei segni o imitando il timbro e il tono di voce di batman.
Dopodiché, giacché l’habitat bambinesco è caratterizzato da un assoluto bipolarismo, si passa repentinamente a un nuovo stadio inaugurato da un urlo dell’infante che, perfettamente imitante l’intro di Tv Eye di Iggy Pop and the Stooges, costringe i genitori a uscire dal precedente intorpidimento e ad agire a velocità tripla rispetto a un essere umano normale.
Unica via per salvaguardare il benessere del neonato prima e i propri timpani poi.
Questo continuo passaggio tra due stadi opposti, una sorta di frigidarium/calidarium dell’anima, porta il genitore, molti anni dopo, a chiedere ossessivamente al proprio pargolo ormai adulto se ha mangiato e se gli è piaciuto quello che ha mangiato.
Se ha mangiato e se gli è piaciuto quello che ha mangiato.
Se ha mangiato e se gli è piaciuto quello che ha mangiato.
E non ti arrabbiare, mamma mia!

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